Travalicando il “Sacro G.R.A.” l’hipstermania diventa orgoglio della romanità.
Figli di ex sessantottini pentiti, eredi di una borghesia annoiata, appartenenti ad una subcultura talmente stereotipata e nauseante, spesso vengono brandizzati dalla società dei consumi.
Il neologismo coniato negli anni ’40 per descrivere bianchi di estrazione medio-borghese che emulano lo stile di vita dei jazzisti afro-americani esistenzialisti,anarchici ed anticonformisti è stato assorbito da una miscellanea di tonalità ipovedenti sotto forma di
filtro vintage Instagram, scarpe anacronistiche e laccio emostatico al collo.
Il Pigneto è il quartier gentrificato hipster di Roma per eccellenza, popolato da finti poveri che fanno l’aperitivo al Bar Necci poi mangiano un hamburgher da Rosti ed infine degustano una birra artigianale da Bembo.
L’antica saggezza hipster di testaccio invece consiglia la cucina “sana e tradizionale” del Fish Market, il cibo detto del “quinto quarto” improvvisamente diventa cool agli occhi degli studenti dell’Università di Roma Tre. A Monti invece ci si imbatte in fixettari che si improvvisano in alleycat race dopo aver fatto shopping da American Apparel; un melting-pot di ex punk-a-bestia ed ex radical-chic che trovano ristoro al 2 Periodico Cafè e che amano parlare di film quale “Ladri di biciclette” seduti in poltroncine ancien régime tutti intorno ad baule. Ed è proprio in quel momento che ti verrebbe voglia di scattargli una foto ma…… ti fermi perchè improvvisamente realizzi che è solo pura ipocrisia che si guarda allo specchio e si scatta un selfie!