Forse non si tratta del miglior caffè di Roma, ma Sciascia ogni volta che entro mi ricorda i pomeriggi di poche decine di anni fa quando da piccolo mio nonno ci accompagnava a comprare le caramelle. C’erano dei grossi cestini di vimini pieni di dolci e pecorelle di zucchero, il bar ancora non c’era.
Oggi è un luogo sacro e servono un caffè con una goccia di cioccolato sul fondo che rianimerebbe anche un impiegato statale. Preparano solo caffè e cappuccini, qualche lievito, il minimo indispensabile.
Tutto assolutamente minimal, il bicchiere d’acqua col caffè non lo devi nemmeno chiedere, nel senso che te lo apparecchiano di default. Non c’è gastronomia, quegli odoracci di pizza scaldata che mal si coniugano con la sana necessità mattutina d’aria di chicchi di caffè tostati e cioccolato. Non è un caffè letterario ma potrebbe esserlo perché la cronaca di Roma del Messaggero fresco è pur sempre letteratura, non è mai stracolmo perché fuori non c’è nemmeno l’insegna Bar. Qui tutti bevono solo ed unicamente caffè, consapevolmente.
Do: la mattina presto
Don’t: chiedere un ginseng o un orzo in tazza grande o del wifi
Dove: Via Fabio Massimo, 80/A